MILANO – Una piena solidarietà e convergenza sulle argomentazioni e sulle proposte per «convertire, con lungimiranza, il progetto di realizzazione di impianti funiviari nell’area del Vallone delle Cime Bianche, in progetti alternativi, di protezione della natura e di difesa del territorio, nell’ottica di una crescita economica e sociale realmente sostenibile».
Questo quanto esprimono i Consiglieri centrali del Cai di area LPV (Liguria, Piemonte Val d’Aosta) Milena Manzi, Bruno Roberti ed Eugenio Zamperone in una lettera indirizzata al presidente del Cai Valle D’Aosta Piermauro Reboulaz. Nel testo i tre Consiglieri prendono atto delle «immotivate, reiterate e pesanti» considerazioni del Vicepresidente della Giunta regionale della Valle d’Aosta Luciano Caveri nei confronti del Cai, ritenuto «un’associazione entrata in pieno nell’area ambientalista estremista», definendole ingiuste e non corrispondenti alla realtà.
Prove, osservazioni e motivazioni inconfutabili e concrete
Manzi, Roberti e Zamperone ritengono invece assolutamente corretti gli interventi del Presidente generale del Cai Antonio Montani sulle alternative alla monocultura dello sci alpino e le prese di posizione dello stesso Reboulaz, «che in ogni occasione istituzionale ha sempre ribadito con fermezza che nessun attacco è in corso, da parte del Cai, contro le Istituzioni, ma al contrario, si sono sempre portate prove, osservazioni inconfutabili e motivazioni concrete volte a contrastare la realizzazione del collegamento funiviario tra Ayas e Cervinia». Tra esse, il testo cita le direttive europee e la normativa italiana vigente che vieta di costruire impianti di risalita e piste di sci in zone ZPS (Zone a Protezione Speciale).
Danni all’ambiente senza ritorni sociali ed economici
I tre Consiglieri ribadiscono come «sia negativo e svantaggioso deturpare l’ultimo vallone selvaggio dell’intera Valle d’Aosta con un progetto turistico di sfruttamento, causa solo di danni all’ambiente naturalistico e senza effettivi e duraturi ritorni ambientali, ma anche sociali ed economici». Questo alla luce della «sempre più evidente crisi energetica ed economica, dei cambiamenti climatici e morfologici in atto, con conseguenze evidentissime nei territori montani, e del perseverare, in molti casi, di una miope scelta per la diffusione di progetti legati a una vecchia visione turistica con tutti i suoi limiti».
Manzi, Roberti e Zamperone concludono unendosi alle richieste del comitato “Ripartire dalle Cime Bianche”, «che raccoglie le migliori energie di moltissime e qualificate associazioni ambientaliste che chiedono da tempo di convertire sforzi e finanziamenti per tale progetto in nuove possibilità di sviluppo sostenibile fra innovazione, riscoperta del territorio e tradizione locale».