PADOVA – La recente cronaca ci racconta che per il disinnesco dell’ordigno bellico americano da 1000 libbre della seconda guerra mondiale a Cismon di Valbrenta, oltre al lavoro degli artificieri, sono stati necessari: il blocco della statale 47 Valsugana tra le province di Vicenza e Belluno, l’evacuazione degli abitanti di Cismon e Collicello, dei loro animali domestici, l’allestimento del Centro Operativo Comunale con Sindaco, Prefetto e Questore, lo spolettamento della bomba, il suo trasporto in cava e il successivo brillamento con relativa chiusura sempre della SS 47 in direzione della cava, delle parallele vie interne, di tutti i sentieri, delle ciclabili, dello spazio aereo e il blocco degli autobus che percorrono l’area. Ci si potrebbe chiedere se questa situazione sia un’eccezione. Sfortunatamente no.
In seguito alla Seconda guerra mondiale, milioni di ordigni inesplosi, mine, proiettili di artiglieria, di mortaio e bombe d’aereo si trovano disseminati sul territorio italiano. Nel dopoguerra, per anni, il Genio militare, col contributo di operai civili, senza dimenticare i tanti “recuperanti”, ha rastrellato i terreni in una colossale opera di bonifica che ha provocato centinaia di morti. Sebbene siano trascorsi quasi ottant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, ancora oggi la possibilità di rinvenire ordigni bellici durante le attività di scavo è tutt’altro che trascurabile. Si stima che tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, siano state sganciate in Italia quasi 400.000 tonnellate di bombe e sono stimate in alcune decine di migliaia all’anno i ritrovamenti di bombe e proiettili ancora sepolti.
Non solo. I fronti della Grande Guerra interessarono il Piave e gli Altipiani: fasce estese per molti chilometri, che sono state soggette a bombardamenti a tappeto che miravano ad annientare ogni costruzione a ridosso delle linee, sono ancora aree di ritrovamento di ordigni.
Per individuare le aree colpite dai bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale e la Grande Guerra, il Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova ha dato avvio alla realizzazione di un Sistema Informativo Geografico in grado di mappare il rischio di ritrovamento di ordigni bellici inesplosi (Progetto VRB – Valutazione di Rischio Bellico) all’interno del territorio gestito da Etra S.p.A. la multiutility a totale proprietà pubblica, che svolge servizi idrico e ambientale nell’area che va dall’Altopiano di Asiago ai Colli Euganei, comprendendo l’area del Bassanese, l’Alta Padovana e la cintura urbana di Padova.
Il Progetto VRB
Il Progetto VRB è un progetto di ricerca coordinato dal Prof. Aldino Bondesan, frutto di un accordo quadro sottoscritto nel 2020 tra Etra Spa, l’Università degli Studi di Padova (DiSSGeA) e il Consiglio di Bacino Brenta e interessa quasi cento comuni compresi tra il Padovano e l’Altopiano di Asiago. Primo in Italia e unico nel suo genere, il progetto viene realizzato grazie ad un contributo da parte di Etra di 240.000 € (incluso un dottorato di ricerca ad hoc) e dall’Università che ha messo a disposizione il proprio personale di ricerca.
«Vi sono poi delle importanti e immediate ricadute pratiche, potendo orientare le indagini che da circa dieci anni sono state rese obbligatorie al fine di garantire la sicurezza nei cantieri di scavo e ad indirizzare i provvedimenti di Bonifica da Ordigni Bellici (BOB). La realizzazione del Sistema Informativo Geografico – dice Aldino Bondesan – sarà attuata attraverso una approfondita ricerca storico-documentale e l’elaborazione di cartografia tematica specifica, dove il contributo degli archivi storico militari nazionali e stranieri, e dei musei locali, sarà fondamentale. In tal senso, di estremo interesse si è rivelata l’analisi di centinaia di carte storico-militari che hanno permesso la ricostruzione dettagliata del fronte del Piave e dei campi di battaglia del Monte Grappa e dell’Altopiano di Asiago».
Il contributo degli archivi storici militari delle Forze Armate, delle Soprintendenze e dei musei si è rivelato fondamentale per descrivere e cartografare, specialmente attraverso rapporti e diari delle unità combattenti, gli episodi di bombardamento aereo e di artiglieria. La creazione dell’archivio ARCA effettuata dal DiSSGeA negli ultimi anni ha inoltre consentito di catalogare centinaia di foto aeree e di carte topografiche dell’epoca, che forniscono un quadro preciso delle devastazioni prodotte dalle guerre del Novecento in molte parti del territorio veneto.
Durante la Seconda guerra mondiale numerosi obiettivi civili e militari furono pesantemente bombardati dall’aviazione alleata. Furono colpiti ponti, stazioni, installazioni militari, stabilimenti e altri obiettivi strategici. I crateri aperti dalle esplosioni sono oggi riconoscibili nelle fotoricognizioni della RAF, disponibili presso l’Aerofototeca Nazionale e la Cartoteca della Regione Veneto. Molti rapporti di missione e foto aeree degli obiettivi colpiti sono forniti inoltre dai comandi aerei alleati (americani, britannici, sudafricani, neozelandesi, ecc.), oltre che da pubblicazioni specialistiche e archivi digitali. La cartografia di rischio bellico rappresenta pertanto uno strumento fondamentale non solo per la pianificazione territoriale e i cantieri di scavo, ai fini di minimizzare il rischio per operatori e strutture, ma anche per la conoscenza delle vicende storico-militari che hanno interessato i territori analizzati nel corso del Novecento, di preminente interesse per la ricerca universitaria padovana.
«Nella gestione dei servizi che offriamo al territorio – spiega il presidente di Etra Flavio Frasson – sono moltissime le occasioni nelle quali ci troviamo a dover effettuare scavi. Penso alla posa delle condotte, alle verifiche, agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Effettuiamo rilievi superficiali o vere e proprie escavazioni a diverse profondità. Ogni volta siamo tenuti ad effettuare verifiche per valutare il rischio di ritrovare ordigni, ma non sono poche le occasioni in cui ci imbattiamo in bombe inesplose. Ecco perché ci siamo rivolti all’Università di Padova, che con il suo progetto ci permetterà di avere un quadro preventivo e organico per effettuare gli interventi in sicurezza e diminuire i rischi e i disagi per i cittadini e per i nostri operatori».
«Il progetto prevede anche la realizzazione di siti test – continua Bondesan – dove saranno interrati dei bersagli artificiali (dei simulacri di bombe) dove impiegare strumentazione geofisica d’avanguardia per valutare le migliori metodologie da utilizzare nella ricerca sul campo. Non solo metal-detector quindi, ma georadar, magnetometri ed elettromagnetometri, sistemi più complessi e sofisticati che misurano rispettivamente le anomalie del campo magnetico terrestre e la propagazione delle onde elettromagnetiche nel sottosuolo e sono pertanto in grado di rilevare masse ferrose che alterano queste grandezze. Infine – conclude Bondesan – attraverso gli specifici rilievi aerei che prevedono la realizzazione di foto ad alta risoluzione e l’impiego di sistemi di rilevamento avanzati, in particolare speciali camere iperspettrali e sistemi laser a scansione, sarà possibile integrare le informazioni della banca dati storico-militare, con gli aspetti geologici dei terreni interessati dagli studi e con la morfologia del terreno».
Collabora al progetto anche il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, col coordinamento del prof. Matteo Massironi, che attraverso l’uso delle immagini iperspettrali darà avvio ad una ricerca sperimentale volta a definire diverse caratteristiche dei suoli, come, ad esempio, la presenza di metalli, il contenuto di carbonio organico, le diverse concentrazione di nitrati, l’individuazione delle zone di discarica (anche abusive), lo stato di salute della vegetazione, la presenza di contaminanti organici nel suolo e le possibili fonti di inquinamento lungo ampi corsi d’acqua.
Nella foto in alto: Scavo Etra.