SORIANO NEL CIMINO (VT) – Illustrato alla presenza delle istituzioni proprio all’interno del Palazzo, il primo giugno scorso, il progetto di recupero, restauro e valorizzazione del monumento simbolo di Soriano del Cimino: Palazzo Chigi-Albani. Per la soprintendenza sono intervenuti i funzionari, arch. Yuri Strozzieri e arch. Giuseppe Borzillo, oltre alla soprintendente, arch. Margherita Eichberg.
Un intervento importante, per la sua evidente valenza culturale e artistico-architettonica, ma anche perché questo bene ha visto recentemente destinati da parte del MiC ben 5 milioni di euro, con l’obiettivo di aumentarne la fruibilità e l’accessibilità ad un pubblico sempre più vasto. Un finanziamento approvato in sede di conferenza Stato-Regioni, che rientra nell’ambito dei “Grandi Progetti Beni Culturali”.
Non solo, ma questo è un secondo contributo, che arriva dopo l’altro – di 1.523.000,00 di euro – del 2021 per un intervento di miglioramento sismico, consolidamento e restauro delle facciate, delle coperture, dei solai e dei soffitti lignei; sulla base della programmazione ex L. 232/2016. Lavori che comprenderanno anche la messa in sicurezza dello scalone.
Palazzo Chigi-Albani è intrinsecamente legato all’identità e alla storia di Soriano nel Cimino.
Noto anche come “villa Papacqua”, costituisce uno dei complessi architettonici più importanti della Tuscia e può essere accostato alle più importanti dimore storiche del Lazio, sia per qualità architettonica, che per il prestigio delle casate che nel corso dei secoli ne entrarono in possesso, lasciando la loro impronta.
Si tratta, infatti, di una delle residenze rinascimentali delle più influenti famiglie nobili dell’epoca, non è un caso, dunque, se su di esso sia stato apposto un vincolo monumentale, con notifica del 13 giugno del 1922 al principe Ludovico Chigi Albani della Rovere, ai sensi della Legge n. 364 del 1909.
Per questo è importante recuperarlo e restituirlo alla comunità sorianese, anche per il notevole indotto turistico che può generare.
E se la sua storia è molto travagliata, non meno complessi e articolati sono stati gli interventi eseguiti su di esso, svolti nel tempo, per ricondurlo alla sua ‘fattura’ originale.
A partire dal lontano 1970, con il consolidamento e il restauro del portale d’ingresso alla terrazza e delle fontane da parte della Soprintendenza ai monumenti del Lazio.
Nel 2019, poi, sono stati effettuati interventi in somma urgenza per la messa in sicurezza del prospetto nord dell’edificio. E infine questi recenti, avviati con l’esecuzione del rilievo architettonico e delle prime indagini conoscitive.
Tuttavia, nonostante tutti i lavori svolti, sono ancora evidenti e ben leggibili le varie stratificazioni delle diverse fasi storiche, che convivono in maniera armoniosa ed equilibrata. Villa Papacqua, infatti, ha conosciuto un primo sviluppo nel ‘500, su impulso del cardinale Cristoforo Madruzzo, che acquistò nel 1560 i feudi di Soriano, Gallese e Bassano in Teverina; e un secondo, nel ‘700, promosso dal cardinale Annibale Albani. Il progetto del Palazzo è stato inizialmente attribuito a Jacopo Barozzi, detto il Vignola, all’epoca molto attivo nella Tuscia. Ma è stato Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio, nel 1989, in un articolo, a riferirlo all’architetto Ottaviano Schiratti da Perugia.
Il primo bocco dell’edificio fu costruito tra il 1564 e il 1572 e commissionato proprio dal cardinal Madruzzo. È in questo periodo che sarà realizzata anche la prestigiosa Fonte di Papacqua, concepita come una sorta di ninfeo, e costituita dalla fontana della Satiressa, quella di Mosè, il fontanile a cannelle con quindici mascheroni e la grotta-ninfeo con la fontana rustica in stile rocaille (in voga tra il XVII e il XVIII secolo).
Dopo il matrimonio politico tra il nipote del Cardinale, Fortunato Madruzzo, con Margherita Altemps, nipote di Pio IV, i feudi viterbesi passarono agli Altemps. Sarà poi Roberto Altemps, duca di Gallese e marchese di Soriano, a vendere il feudo e Villa Papacqua ai fratelli Annibale, Carlo e Alessandro Albani, nipoti di Clemente XI. Ed è tra il 1715 e il 1716 che c’è un primo ampliamento della struttura con la realizzazione della sopraelevazione del casino: lo mostra una veduta del feudo di Soriano di Gaspar van Wittel del 1716, proveniente dalla collezione Albani. Solo successivamente saranno edificati il padiglione adibito a scuderie e a dimora della servitù, la sopraelevazione di un ulteriore piano con ampliamento retrostante, il romitorio e due giardini pensili. Con la morte del principe Filippo Giacomo Albani il feudo nel 1852 fu ereditato dai Chigi. Il principe Ludovico Chigi, nel 1917, commissionò un radicale restauro del Palazzo, facendo apporre al piano nobile i simboli del casato Albani con decorazioni a stencil tipiche del periodo.
Fino a che il complesso non andò all’asta e fu acquistato nel 2004 dalla Provincia di Viterbo e dal Comune di Soriano nel Cimino.
Diventando così, a tutti gli effetti, il monumento centrale del paese, da difendere, tutelare e di cui riappropriarsi con tutti i suoi connotati e peculiarità originari. Anche a memoria dell’identità di Soriano.