ROMA – Ancora oggi, sentendo la parola “rachitismo”, la maggior parte delle persone associa questo termine alla classica malattia scheletrica, caratterizzata da bassa statura e deformità agli arti inferiori, che è causata da una carenza di vitamina D: per questo motivo, l’idea comune è che la patologia, essendo legata a dinamiche di malnutrizione, non esista praticamente più nei cosiddetti Paesi sviluppati, e che al limite rappresenti un problema soltanto per le popolazioni più povere e disagiate. Ciò che tante persone ancora oggi non sanno è che del rachitismo esistono forme rare di origine genetica, che vengono perciò trasmesse dai genitori ai figli nell’arco di intere generazioni, anche inconsapevolmente, a causa di una mancata diagnosi: tra queste forme, la più diffusa si chiama ipofosfatemia legata all’X (XLH), ed è nota anche con il nome di rachitismo ipofosfatemico legato all’X.
La XLH è una patologia ereditaria, legata, appunto, al cromosoma X, ed è dovuta a mutazioni a carico del gene PHEX, che è normalmente responsabile della produzione di una proteina cruciale per la mineralizzazione delle ossa e della dentina, e per il corretto funzionamento del meccanismo di riassorbimento renale del fosfato. Per questo motivo, le manifestazioni principali della malattia comprendono ossa deboli, sottili e incurvate (rachitismo), anomalie articolari, deformità agli arti inferiori (ginocchia valghe o vare) e bassa statura. La XLH ha un’incidenza stimata di 1 caso ogni 20.000 persone e, trattandosi di una malattia rara, è anche una condizione molto poco conosciuta.
Se infatti torniamo al concetto generale di “rachitismo”, un altro luogo comune piuttosto diffuso è che questa patologia non rappresenti, tutto sommato, un grande problema per chi ne è affetto, e che comporti, più che altro, disagi di natura ‘estetica’: bassa statura, aspetto ingobbito, petto scavato e gambe ricurve. Ancora una volta, la maggior parte delle persone non conosce quale impatto abbia una malattia come la XLH sulla qualità di vita dei pazienti. Innanzitutto, a livello scheletrico, le problematiche associate alla patologia causano dolori osteo-articolari cronici che, fin dall’infanzia, comportano molto spesso il ricorso a dispositivi ortopedici e interventi chirurgici multipli. Inoltre, se non adeguatamente trattata, la XLH indebolisce progressivamente lo scheletro, conducendo, in età adulta, ad un maggior rischio di fratture e a processi degenerativi a carico delle articolazioni.
A tutto ciò si sommano i problemi quotidiani connessi alla gestione della terapia, che ad oggi si basa ancora sull’assunzione orale di vitamina D attiva e sali di fosfato inorganico. Tale trattamento è da ripetere più volte al giorno, anche in orari notturni, e richiede controlli periodici per il monitoraggio di eventuali effetti collaterali, relativamente frequenti: considerando il fatto che la terapia va iniziata fin dall’infanzia, non è difficile immaginare le difficoltà che comporti, soprattutto per i bambini più piccoli (e di conseguenza per i loro genitori).
Per far comprendere al pubblico cosa significhi convivere con l’ipofosfatemia legata all’X, e sfatare alcuni luoghi comuni sul rachitismo, l’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) ha deciso di lanciare la campagna “XLH: Raccontaci la tua storia”, un progetto che ha l’obiettivo di raccogliere le testimonianze dei pazienti per raccontare la malattia attraverso la loro voce.
Aderire all’iniziativa è semplicissimo: le persone maggiorenni con diagnosi di XLH e i genitori di bambini affetti dalla malattia dovranno solamente scrivere un’e-mail all’indirizzo di posta elettronica xlh@osservatoriomalattierare.it. Successivamente, queste persone verranno contattate dalla stessa redazione di OMaR, per essere intervistate telefonicamente. I pazienti potranno raccontare la loro storia in forma assolutamente anonima: saranno loro, anzi, a poter scegliere il proprio nome di fantasia. Le testimonianze raccolte verranno poi racchiuse in un libretto, che verrà pubblicato da OMaR, sia in versione digitale che cartacea.
Aderendo all’iniziativa “XLH: Raccontaci la tua storia”, e dedicando al progetto il tempo di una telefonata, i pazienti con ipofosfatemia legata all’X potranno contribuire attivamente a un obiettivo molto importante: far conoscere al grande pubblico – ma anche a tanti medici e pediatri – cosa sia la malattia e quale impatto abbia sulla qualità di vita di chi ne è affetto.
Per tutta la durata dell’iniziativa, sul sito web dell’Osservatorio Malattie Rare rimarrà attiva una pagina web appositamente dedicata alla campagna, in cui sarà presente anche un contatore delle testimonianze raccolte: la speranza è di riuscire ad arrivare ad almeno 5-8 storie di vita.
Per maggiori informazioni su “XLH: Raccontaci la tua storia”, è possibile scrivere all’indirizzo e-mail dedicato: xlh@osservatoriomalattierare.it.