ROMA – Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, e il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, hanno sottoscritto un accordo di valorizzazione e fruizione dei beni culturali degli ospedali di rilevante interesse storico, artistico e monumentale presenti sul territorio della Regione Lazio. L’accordo riguarda, in particolare, il Complesso Ospedaliero Santo Spirito e il Presidio Sanitario Nuovo Regina Margherita, l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, il Presidio Sanitario San Gallicano in capo all’I.F.O.
“Con questo accordo – dichiara il Ministro della Cultura Francheschini – stiamo indicando una strada. Da molto tempo nel nostro paese si parla di rigenerazione urbana, consumo di suolo, riqualificazione dell’edilizia sia delle periferie che dei centri storici. Discorsi ai quali a volte non sono seguite azioni coerenti e concrete per le indispensabili iniziative conseguenti. In questo caso facciamo una scelta che parte dagli ospedali storici importanti. In alcuni casi parliamo di recupero di siti che erano luoghi ospedalieri individuandone una destinazione nuova, in altri casi, come per il San Giovanni, parliamo di recupero del patrimonio storico, artistico e architettonico che condividerà la destinazione ospedaliera degli immobili. La sfida sarà coniugare la destinazione ospedaliera con la tutela e la valorizzazione di questo patrimonio. Il protocollo odierno indicherà a molte regioni e a molti comuni che stanno affrontando analoghe sfide, il percorso da intraprendere”.
“Fra le meraviglie romane e laziali – dichiara il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti – ci sono anche queste strutture ospedaliere, veri e propri gioielli monumentali che nel frattempo continuano a svolgere la loro funzione di tutela della salute. Questa convenzione è molto importante perché valorizza e recupera queste strutture e garantisce una partnership forte col Ministero”.
Tra gli obiettivi dell’accordo quello di migliorare la conservazione degli ospedali e delle aree connesse, anche attraverso interventi di studio, prevenzione, manutenzione, restauro e recupero. Prevista anche la possibilità di sperimentare nuovi modelli di fruizione del patrimonio artistico e monumentale coinvolgendo anche altri soggetti pubblici e/o privati. Saranno promossi anche eventi culturali originali e innovativi, integrati con le azioni di valorizzazione del patrimonio culturale, al fine di esaltarne le peculiarità, migliorarne la conoscenza, facilitarne l’accessibilità, qualificarne la fruizione. Tra i lavori che verranno eseguiti nelle strutture anche il miglioramento dei percorsi di visita, la realizzazione/adeguamento di locali per l’esposizione museale e per l’offerta di servizi aggiuntivi. Prevista anche l’implementazione di servizi telematici e la realizzazione di sistemi per la creazione di un’immagine coordinata degli ambiti territoriali interessati. Nell’accordo trovano spazio anche le azioni finalizzate alla formazione e alla diffusione della conoscenza del patrimonio culturale nelle scuole e alla migliore fruizione dello stesso da parte degli studenti, nonché la promozione di programmi formativi e di aggiornamento professionale rivolti agli operatori del settore dei beni culturali.
Alla presentazione erano presenti l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato; la Direttrice generale Archeologia, belle arti e paesaggio del MiC, Federica Galloni; il Direttore Generale Musei del MiC, Massimo Osanna; la Soprintendente Speciale di Roma, Daniela Porro; la dr.ssa Marina Cerimele, DG IFO; la dr.ssa Tiziana Frittelli, DG Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata; il dr. Angelo Tanese, DG Asl Roma 1; la dr.ssa Maria Luisa Velardi.
Santo Spirito in Sassia
Schola ospitale ospedale
L’Ospedale Santo Spirito in Sassia, considerato uno dei più antichi d’Europa, nei secoli ha attraversato radicali trasformazioni. Sorge in un’area in origine occupata dagli Horti di Agrippina Maior, la nipote di Augusto e madre del futuro imperatore Caligola: una tenuta di sontuosi giardini e padiglioni che si estendevano lungo la riva destra del Tevere di cui sono ancora visibili i resti nei sotterranei del complesso.
ARCHITETTURA E BELLE ARTI
Secondo una antica tradizione attestata in una cronaca benedettina del XIII secolo, a fondare Santo Spirito in Sassia sarebbe stato Ine, re del Wessex di dinastia sassone che, dopo aver abdicato, in un viaggio a Roma istituì nel 727 la prima Schola Saxonum per dare ospitalità ai propri conterranei in pellegrinaggio presso la tomba dell’Apostolo Pietro. In origine la schola era formata da una chiesa e da un ospitale, dove appunto venivano accolti i nuovi arrivati e che divenne il primo nucleo di Santo Spirito in Sassia. Nel IX secolo l’edificio venne severamente danneggiato da un incendio durante una incursione dei saraceni e successivamente ricostruito da Leone IV che fortificò l’area edificando le Mura Leonine. Con il nuovo millennio l’istituzione attraversa un periodo di decadenza, dovuto anche all’invasione dell’Inghilterra da parte dei normanni nel 1066, più di un secolo dopo, Innocenzo III ordina la ricostruzione dell’edificio, affidata all’architetto Marchionne Aretino, il 25 novembre del 1198 affida la gestione del complesso a Guy di Montpellier. Cavaliere templare, fondatore in Francia dell’Ordine Ospitaliero del Santo Spirito, Guy impresse in modo indelebile al complesso la vocazione di rifugio per i poveri, i malati e i bambini abbandonati, come testimonia ancor oggi la Ruota degli Esposti all’esterno dell’edificio. Nel 1471, a seguito di un nuovo incendio che devasta Santo Spirito in Sassia, papa Sisto IV della Rovere, dopo aver constatato le condizioni oramai fatiscenti dell’ospedale, ne ordina l’immediata ricostruzione, dando così avvio alla realizzazione di quella che, dopo molti ampliamenti e modifiche, costituisce l’attuale parte storica del complesso. A caratterizzare questa fase è la realizzazione della Corsia Sistina: una immensa aula allungata, divisa al centro da un tiburio e affrescata nella parte alta con oltre 50 quadri che rappresentano le origini dell’ospedale all’epoca di Innocenzo III e scene della vita di Sisto IV. Con i suoi 120 metri di lunghezza per 12 di larghezza la Corsia è il più grande ambiente affrescato di Roma. Successive modifiche sono apportate da Pio V (1566-1572) con la costruzione, a opera dell’architetto Giovanni Lippi, del Palazzo del Commendatore che ospita l’antica Spezieria, laboratorio per ricerche di erboristeria e farmaceutiche, il Salone del Commendatore, magnificamente decorato da affreschi della storia dell’antico Ospedale e la Biblioteca Lancisiana. Alessandro VII (1655-1667) amplia l’ospedale con l’edificazione della Sala Alessandrina, oggi adibita a sede del Museo di Storia dell’Arte Sanitaria, mentre Benedetto XIV (1724- 1730) ordina la costruzione di un terzo braccio denominato “Corsia Benedettina”, demolita all’inizio del Novecento per l’edificazione dei muraglioni del Tevere e la sistemazione del Ponte Vittorio. Una perdita di spazi successivamente compensata dalla costruzione dei nuovi edifici sul versante del lungotevere, oggi sede dei moderni reparti dell’attuale Ospedale del Santo Spirito. Tra le numerose opere d’arte e decorazioni presenti nel complesso merita ricordare nel tiburio centrale della Corsia Sistina un altare attribuito ad Andrea Palladio e un’opera pittorica di Carlo Maratti. Ad Andrea Bregno è attribuito il portale in marmo detto del Paradiso.
San Gallicano
Un ospedale per la pelle
L’Ospedale di Santa Maria e San Gallicano, fondato nel 1725 per volere del Papa Benedetto XIII, per il riconosciuto ruolo di carità, per la vocazione specialistica, per le innovazioni nell’ingegneria sanitaria, è stato insieme a Santo Spirito in Sassia, San Giovanni, Santa Maria della Consolazione e San Giacomo, uno dei cinque Archiospedali di Roma, strategicamente distribuiti nella città «che fu magnifica nelle sue istituzioni per i poveri e l’infelice languente umanità». Primo ospedale dedicato esclusivamente alle malattie cutanee e veneree, il San Gallicano si è distinto per la consapevolezza del carattere sociale di queste patologie che affliggevano i poveri e i reietti della società. All’inizio del Settecento scemava lentamente la lebbra, curata all’Ospedale di San Lazzaro a Monte Mario, ma aumentavano i casi di tigna e rogna, legate alle precarie condizioni igieniche della popolazione. Progettato dall’architetto Filippo Raguzzini su indicazioni del sacerdote Emilio Lami – creatore del primo stabilimento per le cure dermatologiche in una casa in affitto a Piazza in Piscinula -, è stato realizzato in appena diciotto mesi: dal 14 marzo 1725, posa della prima pietra, al 6 ottobre 1726. Lo stabilimento di cura era suddiviso in due corsie, una per gli uomini e una per le donne, separate al centro dalla Chiesa a croce greca, che costituisce il fulcro dell’edificio, per l’ampia concavità dell’ingresso e per il sopravanzare della cupola ribassata. La facciata, che corre lungo l’attuale via di San Gallicano, per le inusitate dimensioni, circa 170 metri di lunghezza, e un’altezza di 9 metri, si impone prospetticamente lungo la strada, grazie all’uso oculato della scansione verticale delle paraste, poste su un alto podio e per la suddivisione del prospetto in due zone, enfatizzata dallo sporgere del cornicione e dal ballatoio in ferro. La composizione si fonda sul contrasto tra la parte piena inferiore, disegnata dal ritmo delle bugne ottagone e quella superiore, in cui prevalgono i vuoti delle finestre. All’autorevolezza architettonica si uniscono numerose innovazioni nel campo dell’ingegneria sanitaria che resero il San Gallicano un centro all’avanguardia e ne diffusero la fama in tutta Europa. Una fitta rete idrica di canalizzazioni, proveniente dall’acqua Paola, serviva l’ospedale, insieme con un capillare sistema fognario. L’aria e la luce erano garantiti dalla regolare distribuzione degli sfiati, abilmente inseriti al centro delle paraste, e dalle ampie finestre apribili dal ballatoio esterno, che si sviluppa sopra il cornicione, in modo da non disturbare i malati. Senza stravolgere l’impianto originale, nel corso dei secoli furono introdotte diverse trasformazioni per adeguare l’ospedale a nuove esigenze: nel 1754 viene costruita una sala per dividere gli adulti dai bambini; nel 1826 si realizza un Teatro Anatomico (sala per lo studio dell’anatomia con la dissezione dei cadaveri) di grande rilevanza; nel 1829 fu creata una Spezieria (laboratorio di erboristeria e farmacia) specializzata per le malattie della pelle. Nella seconda metà dell’Ottocento è divenuto sede della prima cattedra di dermatologia dell’Università La Sapienza di Roma. Restauri di rilevante entità furono eseguiti nel 1925. Attualmente l’edificio è in uso all’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà.
Ospedale San Giovanni
Antichità medioevo modernità
Il complesso di edifici dell’Ospedale San Giovanni – Addolorata, istituzione secolare che affonda le sue radici nel Medioevo, comprende al suo interno un ampio patrimonio culturale, costituito da beni archeologici, edifici storici e beni artistici. L’attuale Presidio Ospedaliero è compreso tra Via Amba Aradam, Piazza San Giovanni e Via Santo Stefano Rotondo ed è costituito da 9 corpi di fabbrica principali, tra loro interconnessi fisicamente e funzionalmente, realizzati a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento.
ARCHEOLOGIA
L’area oggi occupata dal complesso ospedaliero nei primi secoli dell’impero segnava il passaggio tra campagna e città vera e propria, ed era occupata da grandi e ricche ville suburbane con giardini, orti, frutteti e impianti produttivi, alternate a grandi caserme per le milizie urbane. Agli inizi del Novecento risalgono i primi scavi controllati che portarono alla luce ambienti riconducibili alla domus della famiglia dei Valeri. Nel corso di scavi diretti dalla Soprintendenza tra il 2004 e il 2007, di questa domus è stato rinvenuto un intero corridoio del II secolo dopo Cristo lungo circa 8 metri, interamente affrescato, oggi in restauro per essere ricollocato all’interno dell’Ospedale. Nel complesso sono visibili un peristilio e un ninfeo, un impianto termale e spazi a destinazione produttiva della Domus e degli horti di Domizia Lucilla, madre dell’imperatore Marco Aurelio, che nella villa nacque e abitò fino all’adozione da parte di Antonino Pio. A una domus, interpretata come quella di Licinio Sura, si fanno risalire reperti di non facile lettura ma caratterizzati da elementi molto lussuosi (un pavimento in opus sectile di marmi colorati realizzato con grande raffinatezza) accanto una cisterna quadripartita con notevole cubatura d’acqua, vicina all’acquedotto claudio-neroniano. Al di sotto dell’Ospedale dell’Angelo, tra i primi edifici ospedalieri del San Giovanni Addolorata, è di particolare interesse un oratorio paleocristiano decorato da dipinti murali di eccezionale importanza.
ARCHITETTURA
L’Ospedale del Salvatore, noto oggi come di San Giovanni, viene fondato nel 1216 per iniziativa del Cardinale Giovanni Colonna allo scopo di accogliere i pellegrini, assistere i bisognosi e curare gli infermi. Nel 1338 la Compagnia del Salvatore, che lo gestiva, volendo ampliare l’ospedale compra dalla Basilica Lateranense un terreno su cui sorgevano le Torri dei Novelli e la piccola Chiesa di San Michele Arcangelo, e da questa prese il primo nome di Ospedale dell’Angelo. Una statua dell’arcangelo proveniente dalla chiesetta risalente al secolo XIV è sullo scalone d’onore dell’attuale Ospedale San Giovanni. Nel Quattrocento il complesso viene ampliato con il nuovo braccio “del Salvatore” grazie a una donazione di Everso II degli Anguillara, il cui stemma è ancora visibile sulla facciata. Nel corso del Cinquecento questa ala viene ampliata a più riprese fi no ad accogliere 230 infermi. L’attuale edificio venne realizzato tra il 1630 e il 1636, su progetto di Giacomo Mola, diventando “l’Ospedale per uomini” del Salvatore: la sua lunga facciata è scandita da paraste, da una fascia marcapiano con due ordini di finestre e un portale con timpano curvo affiancato da due piccoli portali, mentre al centro del tetto è situato un campanile a vela con orologio. Un articolato impaginato architettonico che ha avuto funzione di quinta prospettica sulla Piazza di San Giovanni in Laterano. Il Presidio Ospedaliero Santa Maria, la cui parte originale è denominata “Ospedale delle donne”, venne completamente ricostruito dall’architetto Giovanni Antonio De Rossi nel 1655 cui fu raccomandato, per motivi economici, di utilizzare per quanto possibile le antiche strutture. Il complesso è stato più volte ristrutturato, con la costruzione di divisori interni alla corsia, la scomparsa del portico esterno e la edificazione di altri padiglioni. In occasione del Giubileo del 2000, su progetto dell’architetto Paolo Portoghesi, sono stati realizzati una scala esterna di sicurezza, situata sul lato destro della corsia a circa metà della lunghezza, il restauro delle facciate con la ripresa del portico laterale, ricostituito con putrelle al posto delle arcate originarie. La facciata sulla piazza di San Giovanni in Laterano si presenta con la parte centrale, corrispondente alla corsia, scandita da lesene, leggermente avanzata e suddivisa in due ordini. Dall’incisione di Giuseppe Vasi si può documentare l’esistenza del corpo principale con facciata a due ordini e timpano di coronamento e del corpo sussidiario posto alla sua sinistra. Sulla destra erano presenti piccoli fabbricati residenziali ad un piano che oggi sostituiti da un fabbricato realizzato simmetricamente rispetto a quello preesistente.
BENI ARTISTICI
Gli edifici storici del complesso ospedaliero sono spesso decorati con affreschi, tra i quali, degni di nota, Maria Imperatrice nella chiesa dei Santi Andrea e Bartolomeo e gli affreschi delle corsie dell’edificio seicentesco del Santissimo Salvatore, in particolare la Piscina probatica della scuola del Domenichino. Nell’edificio denominato Ospedale delle donne spiccano due fondali monumentali con il motivo architettonico della serliana, decorati di affreschi e la Assunzione in cielo della Vergine, di età barocca, campeggia al di sopra della cappella. Nel Convento delle Suore Ospedaliere della Misericordia al primo piano nella prima ampia sala si trova il ciclo pittorico dedicato alle Opere della Misericordia (1588-89), mentre nell’attuale cappella il ciclo affrescato è dedicato alla Processione dell’Acheropita (1610-13). Al piano terra dell’Antico Ospedale dell’Angelo si trova l’antica spezieria del Santissimo Salvatore: l’interno conserva le due grosse colonne di granito scuro con base di marmo grigio e un arredamento composto da eleganti strutture di ebano come banconi per la vendita di medicinali e vetrine dove poterli sistemare. Il soffitto della farmacia è decorato a tondi con segni dello zodiaco ed elementi decorativi come nastri e conchiglie sostenuti da amorini: un tema decorativo che si inserisce nel gusto ornamentale del pieno 1600 ed è ben evidente dalle vecchie lunette centrali. Tra due finestre è venuta alla luce una immagine del SS. Salvatore, precedentemente nascosta da un mobile, databile alla fine del XVI secolo. Sono presenti cartigli che testimoniano la ripresa decorativa datata nel 1936. Nell’Ospedale dell’Angelo è stato collocato un grande affresco distaccato, rappresentante la Vergine in trono tra un Vescovo e San Rocco.