Come fa, uno scienziato, anzi un matematico a credere in Dio? L’equazione razionalità = ateismo è del tutto errata, come è dimostrato dal grande numero d’illustri pensanti del passato e del presente, grandi matematici compresi. Questo luogo comune, che risale all’illuminismo, è molto attuale e di moda. Cosa può fare la matematica per verificare qualcosa sul mistero di Dio? Matematica e Dio riguardano due campi distinti e non ci sono prove matematiche né a favore né contro la sua esistenza. E’ certo però che le due cose: matematica – Dio non solo sono conciliabili, ma addirittura feconde. I grandi matematici, dall’antichità ai giorni nostri, hanno toccato il limite delle loro ricerche oltre al quale non sono riusciti ad andare e non hanno dimostrato tutto: ognuno di loro è stato superato da matematici che erano più capaci o semplicemente avevano a disposizione delle basi teoriche più ampie sviluppate nel corso dei secoli. In ogni caso, ognuno di noi sa che ci sarà, un giorno, qualcuno che otterrà risultati migliori dei nostri, così come ogni numero reale è superato da + (+ infinito). In questo “qualcosa” che è sempre al di sopra di noi, inimmaginabile, la presenza seppur misteriosa di Dio. Un Dio che conosce tutti i teoremi, ma ci lascia il piacere di scoprirlo gradualmente. Un’altra cosa che avvicina il matematico a Dio è la sua attività di ricerca che è basata in modo peculiare sull’uso del ragionamento e del rigore. Non si fanno esperimenti, come nelle “scienze applicate”, ma si usano le proprie conoscenze per inventare nuovi teoremi. La capacità di elaborare e di stabilire nuovi risultati è la caratteristica che più avvicina l’uomo a Dio Creatore. Infatti, quando il matematico inventa una nuova teoria, quando riesce a dimostrare un nuovo teorema, prova una sensazione unica e si sente in qualche modo protagonista di uno sviluppo del sapere, diventando partecipe del processo di creazione continua con cui Dio interviene nel mondo. Naturalmente il matematico sa di non essere Dio. Egli però, durante le sue ricerche, intuisce la grandezza e la bontà di Dio che permette all’uomo di diventare parte dell’universo, facendolo partecipare. Seppur in modo limitato al progresso della conoscenza e, in definitiva, all’onnipotenza di Dio stesso. Qualcuno potrebbe dire che il matematico crede solo a ciò che può essere dimostrato. Ma non è così. Dopo aver dimostrato tanti teoremi, il matematico ha esperienza sufficiente per fare delle congetture nelle quali enuncia dei risultati che intuisce come veri. Possiamo dire, insomma, che il matematico intuisce la presenza di Dio, come una specie di grande teorema finale che ingloba e spiega pienamente tutti gli altri.
Dott.ssa Manila Di Gennaro (Teologa)