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    L’Associazione Amici delle tombe dipinte di Tarquinia organizza una visita alla Polledrara di Cecanibbio

    5:24 am
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    TARQUINIA / ROMA – L’Associazione Culturale No-Profit Amici delle tombe dipinte di Tarquinia ha organizzato una visita alla Polledrara di Cecanibbio. Appuntamento per domenica 12 marzo, alle ore 10,45 davanti all’ingresso (via di Cecanibbio), dove la Socia Anna De Santis, già funzionaria archeologa della  Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, e il dott. Eugenio Cerilli, illustreranno un sito incredibile in cui furono rinvenuti moltissimi scheletri di elefante antico. Un sito unico e raro che è stato da poco riaperto al pubblico.

    Per maggiori informazioni e prenotazioni: telefonare o inviare un messaggio al numero 3403742803; la quota di partecipazione è libera a partire da un minimo di 5 euro per i Soci e 10 euro per i non Soci.

    Il territorio che a nord-ovest di Roma si estende dalle pendici del complesso vulcanico Sabatino fino alla pianura litoranea ha restituito, nel corso degli ultimi decenni, numerosissime testimonianze del popolamento umano ed animale risalenti al Pleistocene medio-superiore. Tra queste il sito della Polledrara di Cecanibbio costituisce uno dei più ricchi giacimenti di elefante antico (Palaeoloxodonantiquus) attualmente noti.  La Polledrara di Cecanibbio si trova a circa 22 km da Roma fra le vie Aurelia e Boccea. Il giacimento venne individuato nel 1984 nel corso del progetto di ricognizione delle presenze preistoriche e protostoriche del territorio di Roma promosso dalla Soprintendenza Archeologica di Roma. Lo scavo iniziato nel 1985 è stato completato nel 2014. Su un’area di circa 1200 mq è stata rimessa in luce una vasta porzione di deposito ancora intatto attribuibile all’alveo di un piccolo corso d’acqua inciso in un banco di tufite granulare compatta. Sul paleoalveo sono distribuiti ca. 20.000 resti faunistici fossili, associati a strumenti in selce e osso. I resti faunistici sono riferibili essenzialmente a grandi mammiferi, con prevalenza di elefante antico (Palaeoloxodonantiquus), bue primigenio (Bosprimigenius) e cervo elafo (Cervuselaphus), più rari il bufalo d’acqua europeo, il rinoceronte, la lepre. Le ossa, anche di grandi dimensioni erano state trasportate durante le fasi di piena del corso d’acqua e poi depositate sul fondo al calare della corrente. L’alternanza di tali fasi con momenti di normale scorrimento dell’acqua ha prodotto più eventi di trasporto e di deposizione dei resti ossei. Successivamente il progressivo impaludamento dell’alveo per l’accumularsi di sedimenti fluviali ha portato alla formazione di aree con acque stagnanti e ricche di fango nelle quali sono rimasti intrappolati alcuni elefanti, uno dei quali conserva chiare tracce di sfruttamento della carcassa a fini alimentari da parte dell’uomo. La presenza umana è documentata, oltre che dai numerosi strumenti, anche dalle tracce di macellazione e fratturazione intenzionale delle ossa e dalla presenza di un molare deciduo attribuibile a Homo heidelbergensis. Il giacimento, riferibile al Pleistocene medio, è stato recentemente datato a 325-310.000 anni fa.

    L’interesse scientifico del giacimento e l’ottimo stato di conservazione dei resti fossili hanno motivato il progetto di musealizzazione del sito, attuato nel 2000 in occasione del Giubileo grazie ad un finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che ha permesso di conservare in situ, proteggendola con una struttura, circa 900 mq della paleosuperficie e di renderla visitabile al pubblico. Accanto agli ammassi caotici delle ossa depositati dalla corrente sul fondo dell’alveo, sono conservate porzioni dei più recenti livelli palustri con alcuni scheletri di elefante antico in parziale connessione anatomica. Il proposito di ridare forma e vita agli innumerevoli resti di tante specie fossili, visibili sul paleosuolo, ha portato alla realizzazione di due imponenti fondali scenografici estesi per oltre 230 mq, collocati su due pareti interne dell’edificio. Su di essi sono rappresentati con rigore scientifico ed in base ai dati di scavo, l’ambiente fluviale e palustre, con le specie faunistiche e la flora che hanno caratterizzato il Pleistocene medio in quest’ area e l’episodio di macellazione della carcassa di elefante.

    Come arrivare

    Il sito è raggiungibile solo con mezzi privati attraverso due strade: al km 11 della Via di Boccea (transitabile anche in pullman), dopo un bar-tabacchi sulla destra, svoltare a sinistra in Via Francesco Ercole, percorsi circa 200 m, dopo il casale, svoltare a destra e proseguire per circa 2 km fino a raggiungere il museo. Al km 22 della via Aurelia (transitabile solo in automobile), al bivio Fregene – Anguillara, svoltare a destra e prendere la strada con direzione Anguillara, dopo circa 5 km svoltare a destra e prendere Via Cecanibbio per circa 1,5 km fino a raggiungere il museo.