ROMA – Già 400.000 anni fa, gli antichi cacciatori-raccoglitori riciclavano antichi strumenti di pietra ormai inutilizzati per produrre nuove schegge: questo il senso dello studio condotto da Flavia Venditti, che le è valso il Tübingen Prize for Older Prehistory and Quaternary Ecology 2020. La ricerca, intitolata “The recycling phenomenon during the Lower Paleolithic: the case study of Qesem Cave (Israel)” e svolta durante il dottorato di ricerca in Archeologia alla Sapienza, è stata condotta attraverso analisi microscopiche e chimiche presso il “Laboratory of Technological and Functional Analyses of Prehistoric Artefacts”, diretto da Cristina Lemorini del Dipartimento di Scienze dell’Antichità che è stata anche la tutor di tale ricerca di dottorato.
Flavia Venditti ha dimostrato come antichi cacciatori-raccoglitori vissuti 400.000 anni fa nel sito del Paleolitico Inferiore di Qeserm Cave (Israele) riciclassero antichi strumenti di pietra inutilizzati per produrre nuove schegge piccole e taglienti. Attraverso le analisi di laboratorio, è stato possibile diagnosticare tracce riconducibili alla lavorazione delle carcasse animali attraverso attività di macellazione, ma anche di lavorazione di osso, pelli e persino di piante e tuberi. Le particolari condizioni di preservazione degli oggetti analizzati hanno reso possibile identificare micro-residui di osso, tessuti animali e grasso relativi al loro utilizzo. Nei suoi esperimenti, Flavia Venditti dimostra come questi piccoli strumenti fossero particolarmente adatti a compiere specifiche attività di taglio con un alto grado di accuratezza. Inoltre, attraverso la distribuzione degli oggetti nel sito, la ricercatrice ha messo in luce una chiara divisione spaziale delle attività nelle diverse aree della grotta.
Attraverso il suo lavoro la ricercatrice è stata in grado di evidenziare come i nostri antenati del Paleolitico si impegnassero in azioni mirate di riutilizzo delle risorse disponibili, aprendo la strada a ricerche future sull’argomento.