TORINO – Marzo risorgimentale per la Direzione regionale Musei Piemonte. Attraverso una selezione di opere si delinea un itinerario che prende le mosse dalla magnificente architettura guariniana di Palazzo Carignano, dove il 14 marzo 1820 vide la luce Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e in seguito, negli spazi del cortile, trovò collocazione la struttura del parlamento provvisorio in cui si compì la genesi degli atti ufficiali per la proclamazione dello stato unitario.
Un filo rosso che dal cuore della città di Torino si dipana verso le residenze extraurbane e conduce negli ambienti particolarmente cari a Vittorio Emanuele II, come quelli del Castello di Moncalieri, e tra le opere conservate al Castello di Agliè e al Castello di Racconigi, dimora, quest’ultima, amata soprattutto dal padre Carlo Alberto.
Non solo collezioni, ma anche conferenze in streaming, nell’intento di restituire, in un intreccio di testimonianze artistiche e avvenimenti storici, un focus su temi di rilievo per la memoria collettiva e l’identità nazionale.
Si comincia nel giorno del 160° anniversario dell’Unità d’Italia, mercoledì 17 marzo 2021, alle ore 16.30, con la conferenza “Da principi di Carignano a re d’Italia: storia e ascesa di un ramo cadetto”. Per due secoli i principi di Carignano furono il principale ramo cadetto di Casa Savoia. Fondato dal principe Tomaso, ultimogenito del duca Carlo Emanuele I, nel corso del Seicento e ancora nel primo Settecento tale ramo svolse un ruolo importante nella storia europea, ma nel tempo si ritirò sempre più sulla scena piemontese. A fine Settecento il suo ruolo politico era quasi del tutto scomparso. Tuttavia la morte, senza discendenza maschile, dei cinque figli di Vittorio Amedeo III rese Carlo Alberto prima erede al trono e poi re di Sardegna, nel 1831. Trent’anni dopo, nel 1861, suo figlio Vittorio Emanuele II faceva dei Carignano la dinastia reale d’Italia.
Introducono la conferenza Elena De Filippis, direttrice regionale Musei Piemonte, e Chiara Teolato, direttrice di Palazzo Carignano, mentre conversano sul tema gli storici Andrea Merlotti, direttore del Centro studi del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, e Pierangelo Gentile, ricercatore in Storia contemporanea all’Università degli Studi di Torino.