ROMA – “Il patrimonio culturale del Paese – dichiara il Ministro Alberto Bonisoli – si arricchisce delle preziose testimonianze autografe di due grandi autori della letteratura italiana che troveranno presto collocazione alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, che accoglierà il corpus di Ungaretti, e alla Biblioteca nazionale di Napoli, dove andranno le lettere di Leopardi”.
“L’acquisto da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo delle tre lettere di Giacomo Leopardi e dei carteggi di Giuseppe Ungaretti – dichiara il Direttore Generale Paola Passarelli – risponde alla missione istituzionale di conservazione di documenti e testimonianze di alto valore culturale e al contempo costituisce una vera e propria operazione della memoria. Rendere ora possibile l’accesso del pubblico alle lettere leopardiane, con le loro atmosfere personali ed interiori e ai carteggi di Ungaretti con buona parte del mondo intellettuale italiano del Novecento vuol dire valorizzarne al massimo grado il valore culturale, rendendole patrimonio comune della memoria del Paese”.
Sarebbero andate all’asta di Minerva – Finarte sia le 630 carte, di cui 166 lettere, ricevute ed inviate da Giuseppe Ungaretti, sia tre epistole di Giacomo Leopardi che sono state acquistate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, attraverso l’impegno della Direzione generale Biblioteche e Istituti culturali diretta dalla dott.ssa Paola Passarelli.
Le due acquisizioni considerate di raro pregio e quindi sottoposte a vincolo – come prevede il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio all’art.10, c. 4, lettera c. – sono state effettuate, a trattativa privata, alla cifra di 125.000 euro per il blocco Ungaretti e 100.000 euro per le epistole di Leopardi; due tasselli che si aggiungono al patrimonio culturale del Paese e che saranno collocati alla Biblioteca nazionale centrale di Roma il corpus Ungaretti e alla Biblioteca nazionale di Napoli le lettere di Leopardi.
Manoscritti e carteggi di Giuseppe Ungaretti
Quello di Giuseppe Ungaretti è un corpus di manoscritti e carteggi, ordinati in 13 cartelline dal genero del poeta, Mario Lafragola, di cui fa parte una copiosa e varia corrispondenza, collocabile principalmente agli anni ’40 e ’50, che ricostruisce e documenta l’eccezionale attività di relazioni culturali che Ungaretti ha intrecciato nel ‘900. Tra i tanti celeberrimi mittenti – Corrado Alvaro, Riccardo Bacchelli, Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Giorgio Caproni, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Lalla Romano, Edoardo Sanguineti, Leonardo Sciascia, Vittorio Sereni, Ignazio Silone, Elio Vittorini, Andrea Zanzotto, Cesare Zavattini – spiccano due lettere di Pierpaolo Pasolini – datate 16 settembre 1954 e 25 giugno 1956; proprio in quest’ultima, l’autore di Ragazzi di vita chiede ad Ungaretti di fargli da testimone al processo contro il romanzo apparso nel 1955.
II corpus inoltre si compone di testi poetici in varie stesure, prose, testi critici, lezioni universitarie, bozze e appunti che diventano materia di studio e approfondimento, nonché di confronto ed indagine filologica, aggiungendosi alle carte già presenti alla Biblioteca nazionale centrale di Roma. Nel 2015, nell’ambito della conservazione e valorizzazione delle collezioni letterarie contemporanee, è stato inaugurato proprio nei locali della Biblioteca Spazi900, il museo permanente della letteratura italiana novecentesca creato per la prima volta in una biblioteca pubblica statale: a Giuseppe Ungaretti è stata riservata una sezione, nelle Gallerie degli Scrittori, che si arricchirà così di documenti e testimonianze.
Epistole dolenti di Giacomo Leopardi
Nell’ambito della conservazione e valorizzazione del cospicuo materiale leopardiano, le tre epistole appena acquisite andranno alla Biblioteca Nazionale di Napoli – già depositaria dell’80% del patrimonio del Poeta di Recanati tra carte, manoscritti, autografi e libri che Leopardi, morto proprio all’ombra del Vesuvio, aveva portato con sé durante i suoi viaggi.
In queste corrispondenze Leopardi scrive a Francesco Puccinotti, amico caro e storico della medicina a Macerata, con il quale soleva scambiare commenti e suggestioni filosofiche: in particolare, nella lettera che Leopardi invia da Bologna il 14 aprile 1826, mentre il medico andava lodando specialmente le Operette morali, da poco pubblicate e di difficile reperimento, il Poeta si lanciava in “un’ammonizione filosofica” rispetto alla riputazione dell’uomo che “non dipende dal posto che siate per occupare ma dalla vostra scienza e dal vostro ingegno”. Una riflessione che, solo idealmente, si collega alla lettera spedita da Recanati il 23 aprile 1827 sempre al Puccinotti che invece si conclude con la consueta invettiva alla città natale dalla quale fuggir via “dove non so se ci sieno più asini o più birbanti: so bene che tutti son l’uno e l’altro”. Si propone infine come un bilancio negativo in una vita breve, scandita da viaggi desiderati e spostamenti tormentati, partenze e ritorni dolorosi, la terza lettera acquisita, ancora indirizzata al Puccinotti, inviata da Firenze il 16 agosto 1827: qui Leopardi si dichiara in condizioni fisiche disastrose “travagliato come sono da un’estrema debolezza de’ nervi degli occhi e della testa, la quale mi obbliga ad un ozio più tristo assai della morte”. Le parole, chiare e rassegnate, rendono queste riflessioni quasi una fotografia dell’anima, piagata dai dolori e dalle delusioni, dai passaggi tristi di un’esistenza già dolente e dolorosa, dove l’unica logica conclusione è pensare alla morte, poiché anche la filosofia, seppur da un lato sia rimedio alla noia, alla fine annoia “essa medesima”.
Foto gentilmente concessa