NEROLA (RM) – La Giornata di Studi presso il Castello Orsini di Nerola il 18 aprile, dalle ore 15.00 alle ore 20.00, è interamente dedicata alle nuove ricerche sull’archeologia di un importante settore del territorio dell’antica Sabina, a confine con il Lazio antico, attraversato dalla Via Salaria. La Giornata di Studi sarà introdotta dalla Soprintendente Arch. Margherita Eichberg e vedrà la partecipazione del Funzionario archeologo di zona Dott. Zaccaria Mari.
Il territorio di Nerola è esteso per kmq 17,1, ricadeva in età preromana nella Sabina meridionale ed, essendo prossimo alla sponda sinistra della valle tiberina, fu attraversato dalle rotte che collegavano l’agro falisco-capenate d’oltre Tevere con il mondo latino. Ricognizioni archeologiche e scavi degli ultimi decenni hanno portato all’individuazione nelle vicinanze di due abitati sabini di età protostorico-arcaica, a Cretone di Palombara Sabina e a Montelibretti, che veicolarono i contatti fra le due sponde del fiume, con i centri sabini noti dalla tradizione (Eretum e Cures Sabini) e con il Latium vetus, soprattutto con Tibur (Tivoli). Il territorio nerolese non è stato oggetto di esaustive ricerche topografiche, come avvenuto invece proprio nelle zone eretina e curense, quindi per la sua conoscenza molto si deve ancora al contributo (1906) del famoso topografo della Campagna Romana Thomas Ashby, cui si aggiungono i recenti apporti di alcuni relatori della Giornata di Studi.
Dopo la conquista romana nel 290 a.C. i centri sabini decaddero e il territorio fu progressivamente riconvertito a scopi produttivi, entrando così a far parte, anche se in posizione marginale, dell’hinterland agricolo dell’Urbe. Persistette la transumanza verso la valle tiberina e l’area tiburtino-laziale, ma si accentuarono lo sfruttamento del suolo e dell’ambiente. In tutto ciò ebbe un ruolo fondamentale la Via Salaria che attraversa il territorio di Nerola fra il XXIV e il XXVIII miglio. Lungo di essa e le vie secondarie sorsero a partire soprattutto dal II sec. a.C. grandi villae rustiche e rustico-residenziali basate, come si ricava anche dai trattati di agricoltura di Catone e Varrone, proprietari di fundi in Sabina, sulla coltivazione intensiva di oliveti, vigneti e frutteti, su allevamento e attività artigianali. Una di queste ville, di cui sopravvivono ancora oggi cisterne e solidi muri di terrazzamento, è da identificare con quella appartenuta alla zia di Varrone, Fircellia, situata al XXIV miglio della Salaria, famosa per la sua redditizia uccelliera di tordi. L’assetto agrario di età romana si mantenne vivo fino in epoca tardo-antica (IV-V sec. d.C.), quando quasi tutte le villae caddero in rovina a vantaggio di latifondi, spia di un forte decremento demografico. La cesura netta si ebbe, però, solo nell’XI-XII secolo con la nascita dei villaggi fortificati (castra), alcuni dei quali perpetuati, come Nerola, dagli attuali centri storici.