ROMA – Dal 5 dicembre 2024 al 2 febbraio 2025, il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma presenta la mostra personale di Maurizio Pierfranceschi intitolata “Muta e mutevole”. A cura di Lorenzo Canova, l’esposizione è promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo con la collaborazione di Latitudo Art Projects.
La mostra è un viaggio unitario e polimorfico nell’opera di Maurizio Pierfranceschi, caratterizzata da una incessante sperimentazione di soluzioni offerte dalla pittura e dalla scultura, fondendo l’astrazione all’emersione di elementi figurali e il dialogo con la natura a una visione di origine concettuale. Il titolo Muta e mutevole allude a un’idea della pittura come linguaggio allo stesso tempo eloquente e silenzioso. Un discorso muto che parla attraverso la metamorfosi costante dei suoi codici visivi e la sua presenza fisica e metaforica. La mostra raccoglie una serie di opere cardine rappresentative dell’intera produzione dell’artista. Circa settanta tra pitture e sculture, di cui una decina create appositamente per questa occasione ed esposte qui per la prima volta (tra queste i dipinti Pallido, Tra le macerie, 2024, Il botanico e le sculture in legno di quercia e ferro, Kouros e Giraffa). A cominciare dagli anni Ottanta fino alla produzione più recente, le opere sono accostate per la loro vicinanza tematica e stilistica, anche se realizzate talvolta a distanza di anni.
Il percorso espositivo si snoda lungo l’asse dell’intero padiglione dal quale si accede a una serie di stanze-ambienti aperte. All’inizio si incontra il più recente ciclo di quadri dell’artista, contraddistinto da una compatta e luminosa struttura cromatica animata da un raffinato dialogo con gli amati artisti del passato. La mostra prosegue con opere segnate da una pittura materico-oggettuale (L’uomo e l’albero, 2016; Solitario, 2013; Selva, 2013) poste in dialogo con alcune sculture, scabre presenze nelle quali il gesto costruttivo di Pierfranceschi coniuga arte e natura (Slitta portaossa, 2011). Successivamente si trova il grande dipinto-installazione di circa nove metri – Opera, 1990 – nel quale un segno scuro taglia lo spazio creando suggestive scansioni di pieni e di vuoti. Nel corridoio centrale sono esposti due importanti dipinti (Pastorale, 2009 e Metopa 5, 2011), in cui il “vuoto” quasi orientale della carta si confronta con il “pieno” splendente della pittura più recente. Si passa in seguito alle terre misteriose e incerte di dipinti ottenuti con pennellate sfumate e vibranti che evocano confini misteriosi (Melanconia, 1998, Sui corpi sommersi, 2000, In terra limosa, 2000); al fermento vitale e naturale di una pittura che ricorda pozzanghere e vegetazioni, riflessi d’acqua e di fogliame, in una dimensione sospesa tra le permanenze iconiche e le suggestioni dell’astrazione (Terre d’ombra, 2024, Exsiccata verde, 2008).
Il percorso è segnato dalla presenza costante di alcune sculture realizzate dall’artista nel corso degli anni e che rappresentano quasi un’estensione tridimensionale della sua visione pittorica. La mostra è pensata come una sorta di grande installazione, attraverso una visione “ambientale” fondata sul cardine simbolico della sacralità della pittura, della sua capacità di rinascere e di rinnovarsi al di là degli stili effimeri e delle mode temporanee. La mostra sarà accompagnata da un catalogo a cura di Lorenzo Canova, con testi del curatore e di Ruggero Savinio edito da ARATRO museo laboratorio di arte contemporanea Università degli Studi del Molise.