ROMA – Il 14 giugno 2023, alle ore 17:30 a Roma, presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù, dopo 28 anni dal furto, sono stati restituiti al Padre Generale dei Gesuiti Arturo Sosa Abascal, dal Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia Magg. Emanuele Meleleo, 2 dipinti raffiguranti i Santi Pietro e Paolo, rubati nella notte tra il 25 e il 26 maggio 1995 dalla cappella della Curia Generalizia. La consegna è avvenuta alla presenza del Padre Generale dei Gesuiti Arturo Sosa Abascal.
I due dipinti, olio su tavola, misurano 65 cm di diametro e sono racchiusi in una cornice dorata modanata in legno. Rappresentano i ritratti dei due apostoli in primo piano e a mezzobusto, con in evidenza gli attributi dei due santi, le chiavi e l’elsa della spada.
San Pietro è raffigurato di tre quarti con sguardo estatico rivolto verso l’alto, mentre San Paolo fissa direttamente l’osservatore. Entrambi presentano i caratteri fisiognomici tradizionali: Pietro, più anziano, con barba corta e capelli radi bianchi, Paolo capelli e lunga barba bruna.
I dipinti, forse copie di prototipi più celebri a figura intera, presentano stilisticamente influenze di ambito fiammingo, in cui lo studio psicologico dei personaggi si associa all’utilizzo di corpose pennellate, volte ad evidenziare i contrasti chiaroscurali e i bruschi passaggi tonali. Le tavole sono databili ai decenni centrali del XVII sec. La compatibilità delle dimensioni, le affinità stilistiche e i soggetti fanno ritenere che si tratti fin dall’origine di due pendant.
Per i beni d’interesse artistico di proprietà di enti ecclesiastici, opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, come nel caso dei dipinti in questione, il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” prevede che gli stessi siano inalienabili, e che gli eventuali acquisti e vendite, anche in buona fede, risultino nulli.
L’individuazione delle opere da parte del Nucleo CC Tpc di Venezia è avvenuta nell’ambito di un’indagine più ampia relativa alla sottrazione di beni ecclesiastici in Veneto, da cui è poi scaturita l’azione investigativa in questione, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
In particolare, le opere erano comparse sul mercato dell’arte nell’autunno del 2021, all’incanto presso una casa d’aste romana, come ‘coppia di dipinti a olio’, di scuola lombarda della prima metà del XVII secolo. Per la loro identificazione è stata di fondamentale importanza il censimento del furto presso la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” gestita dal Comando Tpc. Questa, prevista dal ‘Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio’ e istituita nel 1980, è oggi la banca dati di settore più grande del mondo, vantando il censimento di oltre 8.000.000 di beni, tra cui circa 1.300.000 opere da ricercare.
Le immagini della vendita in asta sono subito apparse ai Carabinieri dell’Arte sovrapponibili a quelle del furto ai danni dei Gesuiti, censito in Banca Dati. Tale dato è stato poi riscontrato sui luoghi del fatto, anche mediante l’escussione dei soggetti che avevano denunciato il furto.
L’azione investigativa è poi proseguita nella ricostruzione a ritroso dei ‘passaggi di mano’ delle opere, che ha permesso di ricostruire la storia più recente delle stesse: dopo il furto e la ricettazione, i dipinti erano stati oggetto di una ‘peregrinazione’ in varie regioni dell’Italia centrale sino alla loro messa in vendita a Roma.
Ulteriore e qualificata identificazione, mediante analisi storico-artistica e strumenti scientifici di settore, è stata effettuata dai funzionari storici dell’arte della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, che collabora strutturalmente con il Nucleo TPC di Venezia.
La ricerca e il recupero dei beni ecclesiastici, rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo Carabinieri Tpc di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione con gli uffici centrali e periferici del MiC. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, di maggiore o minore valore artistico, riporta alle comunità di fedeli opere di grande valore devozionale, strutturalmente legate a chiese e territori.