ROMA – In Italia si stima che siano oltre 10mila i potenziali portatori di Deficit di Alfa1-Antitripsina (DAAT) di cui circa 3mila affetti da una forma trattabile con una terapia specifica. Solo un quinto di questi ha ricevuto una corretta diagnosi e ancor meno sono le persone entrate in terapia. Numeri, questi, che mostrano la necessità non solo per i pazienti di conoscere meglio la malattia non trascurando i sintomi, ma anche per i medici di ricorrere alle risorse che sono a disposizione per porre, nei casi sospetti, una diagnosi tempestiva della patologia. Il dialogo tra pazienti, caregiver e clinici, dunque, diviene una tappa fondamentale soprattutto durante la pandemia da Covid-19 – periodo che, inevitabilmente, ha depotenziato questo confronto – ed è per questo motivo che Osservatorio Malattie Rare, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Alfa1-At Onlus e con il contributo non condizionante di GRIFOLS, a partire da oggi ha organizzato un ciclo di incontri online dal titolo “DAAT’S PLACE”.
“Il deficit di alfa-1-antitripsina è una malattia ereditaria causata dalla mutazione del gene SERPINA1, responsabile della produzione della proteina AAT, un inibitore delle proteasi con azione soprattutto anti-infiammatoria su diversi tipi di cellule – ha spiegato la Dott.ssa Anna Annunziata, U.O.C. di Fisiopatologia e Riabilitazione Respiratoria, Ospedale Monaldi, Napoli durante l’evento – Il deficit di AAT è associato al rischio di sviluppo di patologie epatiche e disturbi respiratori come enfisema polmonare, asma, bronchiectasie e broncopneumopatia cronica ostruttiva. È evidente che si tratta di una condizione con importanti limitazioni nelle attività quotidiane e con una notevole influenza sull’aspettativa di vita dei pazienti”.
Un’accelerazione dei tempi della diagnosi – ci sono casi in cui il ritardo sfiora gli otto anni – che si effettua attraverso test quantitativi e genetici, e un tempestivo e continuo accesso alle terapie potrebbe ribaltare la situazione per i pazienti. A maggior ragione se a ciò si associa un corretto e sano stile di vita. “Una caratteristica importante delle forme polmonari di DAAT consiste nell’interazione con l’ambiente: il rischio aumenta di molte volte se il paziente è sottoposto a polveri o fumo di sigaretta – ha affermato il Dott. Alessandro Colucci D’Amato, Psichiatra e Psicoterapeuta, Ospedale Monaldi, Napoli – Adottare un comportamento ottimale e praticare esercizio fisico con regolarità, seguire un regime alimentare equilibrato e ricorrere alla riabilitazione, quando è opportuno, sono raccomandazioni che possono sicuramente aiutare il paziente. È quindi fondamentale incentivare la disassuefazione dal fumo e i Centri antifumo, in tal senso, possono essere davvero di supporto per il paziente grazie anche ai percorsi e i relativi programmi personalizzati”.
Nel corso del webinar – patrocinato da Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus, Federazione Italiana IPF e Malattie Rare Polmonari (FIMARP), Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus (LIFC), Società Italiana di Pneumologia (SIP-IRS) e Unione Trapiantati Polmone Padova – a proposito della gestione della malattia, tra i trattamenti disponibili per la patologia polmonare da deficit di alfa1-antitripsina è stato ricordato che, a differenza di altre malattie rare per cui non è disponibile un trattamento specifico, per il DAAT esiste la possibilità di effettuare la terapia sostitutiva con la proteina AAT ricavata dal plasma di donatori sani.
Della fisioterapia per una corretta respirazione e del sostegno piscologico per l’accettazione della malattia si parlerà approfonditamente nel prossimo incontro previsto a marzo 2022.