Il Carnevale è quel periodo dell’anno che precede la Quaresima ed affonda le sue primissime radici in arcaiche celebrazioni; basti pensare alle Dionisiache-antesterie greche oppure ai Saturnali romani. Quest’ultimi erano feste in grado di coinvolgere tutti gli strati della popolazione, compresi gli schiavi che, in quel particolare periodo, potevano considerarsi quasi uomini liberi. Vi si svolgevano grandi banchetti, sacrifici fino a sfiorare caratteri orgiastici. Se pensiamo al Carnevale romano, dobbiamo pensare alle caratteristiche sopra elencate ed aggiungere ulteriori elementi come i balli e le mascherate. Nella Roma papalina il medesimo fu occasione della licenza più sfrenata. Consuetudine voleva infatti che fosse consentita notevole libertà di comportamento. Anche in questo caso venivano meno le differenze di classe e le restrizioni previste dalla Quaresima stessa spingevano il popolo a dei veri e propri eccessi. I più antichi giochi carnevaleschi presero piede “dal X secolo e si svolgevano sul Monte Testaccio, con l’appoggio del Comune che voleva ripristinare gli antichi ludi romani. Per secoli alcuni di questi giochi furono caratterizzati da violenza inaudita: carri carichi di cinghiali e trainati da tori venivano fatti precipitare dal monte, fracassandosi durante il percorso. Gli animali sopravvissuti e le spoglie di quelli uccisi divenivano oggetto di contesa per il popolo, che li smembrava, trasformandoli in trofei! Anche a Piazza Navona si svolgevano alcuni giuochi detti “d’Agone”. Successivamente, circa la metà del XV secolo, quando papa Paolo II fece costruire Palazzo San Marco (attuale Palazzo Venezia), decise che il Carnevale doveva svolgersi presso Via Lata (oggi Via del Corso). Per secoli tale Carnevale conservò gli stessi appuntamenti che tanto amava il popolo: la corsa dei cavalli barberi si svolgeva ogni sera di festa, a partire dalle ventitré su via Lata, ribattezzata per tale motivo via del Corso, con partenza da Piazza del Popolo ed arrivo in Piazza Venezia. Il proprietario del cavallo vincitore riceveva un Pallio, striscia di stoffa argentata o dorata, talvolta decorata con figure ricamate. Tali corse furono abolite con decreto del Consiglio Comunale nel 1874; le medesime “avevano sostituito l’indecente pratica della competizione tra “bipedi”: poveri infelici che venivano costretti a correre il pallio in mezzo ad una folla inferocita. Tale infame abitudine, in vigore nel XVIII secolo, fu definitivamente abolita per volontà di papa Clemente IX.” L’ultimo giorno si svolgeva la festa dei “Moccoletti, candele e lumi di ogni tipo alla luce dei quali si celebrava il rito della morte del Carnevale. Ogni romano portava tra le mani, sul cappello, su di una canna la sua piccola luce e in mezzo ad un’indescrivibile confusione si adoperava per mantenerla accesa tentando nel frattempo di spegnere quelle degli altri”. A causa degli eccessi suddetti, si ritenne necessario emanare bandi nei quali si comminavano severe pene per i reati commessi durante il Carnevale. Le esecuzioni capitali si svolgevano in Piazza del Popolo, mentre a Piazza Navona toccò l’onore di ospitare il cavalletto, diffuso strumento di punizione. Perfino le pene divenivano strumento di sollazzo e spettacolo per il popolo. La maschera simbolo del Carnevale Romano era quella di Rugantino, successivamente si aggiunsero i Norcini, gli Aquilani, i Facchini ed i Pulcinella.
Fonte bibliografica:
Rendina C. (2005), Enciclopedia di Roma. Personaggi, curiosità, monumenti, storia, arte e folclore, della città eterna dalle origini ai nostri giorni, Vol. I, Newton Compton.
Nella foto: veduta di Piazza del Popolo, Roma.
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