ITALIA – L’8 marzo è sciopero femminista e transfemminista: sciopero generale della produzione e della riproduzione, del consumo, dai ruoli sociali imposti dai generi. La sfida di uno sciopero generale transnazionale nell’emergenza è ardua quanto urgente. Diversi sindacati di base hanno già accolto l’appello di Non Una Di Meno e hanno proclamato lo sciopero generale di 24 ore. Sul blog di Non Una Di meno è reperibile un Vademecum dove reperire informazioni su come fare per scioperare. L’8 marzo interrompiamo ogni tipo di lavoro, senza distinzioni di categoria e di contratto, lo sciopero coinvolge anche le figure non riconosciute del lavoro, chi con la pandemia ha perso ogni forma di reddito e le persone migranti che con il lavoro rischiano di perdere anche i documenti di soggiorno. Attraversa lo spazio pubblico e i luoghi di lavoro ma anche la rete con pratiche di sciopero della connessione, connette chi cura e chi è curato per un sistema sanitario pubblico, diffuso e territoriale, le studenti e le insegnanti per portare la scuola fuori dall’emergenza, anche culturale, dando vita a “zone fuxia” nell’Italia segnata dai colori dell’emergenza.
Il 26 febbraio in molte città (Bologna, Reggio Emilia, Pisa, Torino, Livorno, Roma, Pavia…) è partito il countdown con azioni e conferenze stampa per presentare le iniziative della giornata dell’8 marzo dislocate nel paese. La crisi sanitaria, sociale e economica ha colpito e colpirà ancora una volta il lavoro femminile, migrante, non tutelato, precario, gratuito. La gestione dell’emergenza ha fatto leva sull’assenza completa della tutela della salute in particolare nei settori essenziali; sull’intensificarsi di forme di lavoro a distanza non normato e sul sovrapporsi del lavoro produttivo e di cura nello spazio domestico, più che mai luogo di violenza per le donne e le soggettività lgbtqia+.
I centri anti-violenza si sono trovati a gestire un’emergenza nell’emergenza, i numeri dei femminicidi delle ultime settimane lo testimoniano e impongono misure urgenti e strutturali. I dati Istat mostrano come il crollo dell’occupazione riguardi soprattutto le donne (a dicembre 2020, 99mila posti di lavoro persi su 101mila sono di donne).
I 209 miliardi per la “ricostruzione” arriveranno in Italia, ma sul loro impiego lo scontro è aperto. La gestione dei fondi europei ha determinato la caduta del governo Conte bis e l’insediamento del governo Draghi. Le politiche di inclusione di genere sono uno dei punti chiave del programma di rilancio e resilienza. Ma al di là di ogni falsa retorica sull’inclusione lavorativa e sulle politiche di conciliazione vita-lavoro, sono e saranno le donne, le migranti e le soggettività lgbtqia+ a pagare il prezzo più alto. Alla prospettiva di un piano di ricostruzione patriarcale e confindustriale, vogliamo opporre un piano femminista di trasformazione sociale: un salario minimo europeo e reddito di autodeterminazione, socializzazione della cura, welfare universale e non familistico, un permesso di soggiorno europeo non condizionato al lavoro e alla famiglia, diritto alla salute e all’autodeterminazione, priorità della salute ecosistemica rispetto ai profitti. Essenziali sono le nostre vite, essenziale è il nostro sciopero!