TARQUINIA – Il sindaco di Tarquinia, Alessandro Giulivi, esprime profondo cordoglio alla famiglia Matta, per la scomparsa di Germana Ferrari, moglie del grande artista Roberto Sebastian Matta venuto a mancare nel 2002 e sepolto nella chiesetta dell’ex convento dei Padri Passionisti dove si trovava il suo grande studio artistico e dove troverà, anche lei, la sua ultima dimora.
L’amministrazione comunale è vicina al dolore della figlia Alisée che è rimasta vicina alla madre fino all’ultimo istante della sua vita che si è chiusa dopo un lunghissimo periodo di malattia. Tarquinia deve molto alla famiglia Matta ed in particolare al grande artista cileno che scelse questa città per trovare ispirazione a tanti dei suoi capolavori.
L’ex convento dei Padri Passionisti, in cui si soffermò alternandolo con lo studio parigino per buona parte dell’anno, fu scelto per seppellire, la mattina del 26 novembre 2002, dopo una toccante cerimonia, Roberto Matta, l’ultimo dei surrealisti, l’artista più esplosivo del XX secolo.
“Intonando la canzone Volare di Domenico Modugno – dichiarò allora alla stampa la moglie Germana Ferrari – abbiamo brindato con vino proveniente “dal luogo delle sue origini”, come ha pronunciato la sua vedova, Germana Ferrari, il vino “I baschi”, prodotto in Cile. È difficile pensare a questa casa senza Matta, infatti Germana chiede di ricordarlo sempre al presente: “Lui sarà sempre qui Afferrando il mondo dell’essere, nell’essere nel mondo”. Le esequie saranno celebrate da Don Augusto Baldini nella Chiesa dell’Annunziata in via Marcantonio Barbarigo alle 9.30.
Roberto Sebastian Matta nacque a Santiago del Cile l’11 novembre del 1911 da una famiglia di origini spagnole, basche e francesi. Dopo gli studi in architettura, nel 1934 si trasferisce a Parigi, dove lavora con Le Corbusier ed entra in contatto con intellettuali come Rafael Alberti e Federico García Lorca.
Conosce André Breton e Salvador Dalí e aderisce al surrealismo, elaborando una pittura incentrata su morfologie psicologiche. Di lui nel 1944 Breton scrive: «Matta è colui che maggiormente tiene fede alla propria stella, che è forse sulla strada migliore per arrivare al segreto supremo: il controllo del fuoco».
È costantemente in movimento, dalla Scandinavia, dove conosce Alvar Aalto, a Londra, dove incontra Henry Moore, Roland Penrose e René Magritte. A Venezia conosce De Chirico.
All’inizio della Seconda guerra mondiale fugge a New York assieme a molti altri artisti d’avanguardia. Qui esercita una decisiva influenza su alcuni giovani artisti come Jackson Pollock e ArshileGorky. Viene allontanato dal gruppo surrealista (in cui però fu successivamente riammesso), accusato di aver indirettamente provocato il suicidio di Gorky a causa della sua relazione con la moglie del pittore armeno. Trasferitosi a Roma nel 1949, diventerà un importante punto di raccordo tra l’espressionismo astratto e il nascente astrattismo italiano. Lasciata Roma nel 1954, si trasferisce a Parigi, mantenendo uno stretto legame con l’Italia. Dagli anni sessanta elegge Tarquinia come sua residenza parallela, stabilendosi in un ex convento dei frati Passionisti.
Tra il 1973 e il 1976 progetta e costruisce, con il pittore e scultore Bruno Elisei, l’Autoapocalipse, una casa edificata riciclando vecchie automobili, come provocazione contro il consumismo. I primi due moduli vengono esposti per la prima volta a Tarquinia (Chiesa di S. Maria in Castello) ed a Napoli (Campi Flegrei), poi ultimata (tre moduli) viene esposta a Bologna (Galleria d’arte moderna), Terni (piazza del Comune), La Spezia (centro Allende), Firenze (rampe di San Niccolò-Forte Belvedere). Nel 1985 il Centre Georges Pompidou di Parigi gli dedica una grande retrospettiva, e nello stesso anno Chris Marker gli dedica un documentario, Matta ’85.
Nei primi anni Novanta, Matta progetta una serie di cinque obelischi-totem-antenne, alti 10 metri e realizzati in metallo, che chiamò Cosmo-Now, con l’intento di essere installati in ciascuno dei continenti quale simbolo di concordia e di pace planetaria; la locazione scelta per l’Europa era la località italiana di Gubbio, legata a Francesco d’Assisi.
Le sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo (Londra, New York, Venezia, Chicago, Roma, Washington, Parigi, Tokyo).
Durante una grande mostra organizzata dalla città di Roma nel 1988, affermò: “Gli antichi Romani facevano gesti di questa portata: preparavano Archi di Trionfo per i loro ospiti, ma in seguito li facevano sbranare dai leoni”, disse riferendosi al famoso storico dell’arte Giulio Carlo Argan, poco apprezzato da lui, uno che, come disse, aveva inventato un falso Bauhaus, una sorta di piano Marshall delle Arti. Rimase fortemente impressionato dal numero di persone che parteciparono all’inaugurazione della sua ultima mostra a Roma, il 6 novembre 2002, dove arrivò di sorpresa: “Tutte queste persone che sono venute, è come se fossero venute al mio funerale”. Disse. E questo era un presagio degno di Matta, l’ultimo.
L’amministrazione comunale, insieme ai familiari, si adopererà affinché venga costituita una Fondazione a sua nome per tutelare quel grandissimo patrimonio lasciato a Tarquinia e al mondo intero tra quadri, sculture e disegni a matita.