UDINE – Si è conclusa con una condanna emessa dal Tribunale di Udine nei confronti di un 50enne di Arta Terme (UD) una vicenda iniziata nel 2017 che ha visto coinvolto un appassionato di ricerche archeologiche con l’uso del metal-detector, che ha collezionato un tesoretto di oggetti di rilevanza culturale. Unica pecca di questa storia è che l’attività di “metal detecting” era clandestina e i beni rinvenuti sono di proprietà dello Stato.
La vicenda è iniziata nel novembre del 2016 quando i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Udine hanno messo fine ad una attività illecita di recupero e scambio di materiale esplosivo risalente al primo conflitto mondiale. A Gorizia, nel corso delle indagini, è stato individuato un vero e proprio arsenale composto da 85 ordigni bellici carichi e un migliaio di cartucce. Successivamente, ad Arta Terme, sono state sequestrate decine di monete di vario conio e dimensioni risalenti all’epoca romana e medievale. Il soggetto di Gorizia, oggetto di attività investigativa, è stato arrestato per possesso illegale di ordigni esplosivi, mentre il carnico è stato denunciato a piede libero.
Inoltre, il prosieguo delle indagini ha consentito, nel giugno del 2017, di individuare e identificare una terza persona, anch’essa dedita alle ricerche archeologiche clandestine, nei confronti della quale sono emersi, grazie ad attività tecniche esperite sul materiale informatico precedentemente sequestrato, elementi di reità in relazione alla descritta attività illegale.
La Procura della Repubblica di Udine, a seguito delle risultanze investigative accertate dal Nucleo Carabinieri TPC di Udine, ha disposto, nei confronti di quest’ultimo, una perquisizione domiciliare che ha consentito di sequestrare una serie di reperti storico-archeologici illecitamente scavati e recuperati non sono in Carnia, ma in tutto il territorio regionale.
Tra i beni culturali sequestrati vi erano un pugnale di epoca medievale, 16 dardi di epoca romana, 18 monete risalenti al periodo della Serenissima Repubblica di Venezia, 9 anelli di epoca medievale di provenienza cividalese, 41 palle di piombo di vari calibri per archibugio, 6 medaglie votive in ottone risalenti al XIX secolo e 2 metal detector, strumenti immancabili per effettuare le ricerche clandestine. All’esito del procedimento penale, instaurato presso il Tribunale di Udine, che ha portato alla condanna del ricercatore clandestino per impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, i reperti sopradescritti sono stati confiscati per la successiva consegna alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia di Trieste che ne disporrà l’assegnazione ad enti museali dello specifico settore, per la loro conservazione e valorizzazione.
I Carabinieri ricordano che, ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, l’attività di ricerca di reperti archeologici – la cui proprietà è dello Stato – è riservata al Ministero per i beni e le attività culturali, che può dare in concessione a soggetti pubblici o privati l’esecuzione di tali attività.
Al contrario, nel caso di rinvenimento fortuito, lo scopritore dovrà, entro le successive 24 ore, farne denuncia in alternativa al Soprintendente, al Sindaco della località ove è avvenuta la scoperta o all’Autorità di Pubblica Sicurezza, vedendosi anche corrisposto un premio da parte dello stesso Ministero.
Ulteriori informazioni e consigli del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale sono reperibili sul sito web www.carabinieri.it nonché tramite l’applicazione per dispositivi mobili “iTPC”.
Nella foto: i beni culturali sequestrati.