Home ATTUALITÀ 6^ edizione di “Climbing For Climate”, Rete delle Università per lo Sviluppo...

    6^ edizione di “Climbing For Climate”, Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile e CAI hanno scalato la Marmolada

    5:49 am
    SHARE

    MILANO – Torna «CFC – Climbing for Climate»: in occasione della sesta edizione dell’evento, promosso dalla Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS) e dal Club Alpino Italiano (CAI), le Università degli Studi di Brescia e Padova, insieme alle altre Università RUS Venete – Università Ca’ Foscari Venezia, Università Iuav di Venezia, Università di Verona – all’Università di Trento e alle sezioni CAI di Padova e Brescia hanno scalato la Marmolada, ghiacciaio icona delle Dolomiti e uno dei più studiati delle Alpi, oggi al centro di un accelerato processo di fusione che ha assunto i tratti della tragedia nell’evento del 3 luglio 2022.

    L’evento CFC 2024 si propone due obiettivi: 1) far conoscere rapidità e drammaticità della fusione del ghiacciaio, attraverso la raccolta e la diffusione di dati e studi aggiornati; 2) lanciare un documento per “un’altra Marmolada”: non più solo “montagna perfetta” per l’alpinismo e per lo sci (secondo la definizione di Dino Buzzati), ma “montagna maestra” in grado di indirizzare la frequentazione delle alte quote favorendo mitigazione, adattamento e sensibilizzazione al global warming. Una strategia di cui le Università aderenti alla RUS si propongono come parte attiva, in collaborazione con gli enti locali, le istituzioni e le associazioni, sostenendo una proposta di turismo alternativo e una fruizione sostenibile della montagna, contro un modello di sviluppo esclusivamente ski oriented (proprio sulla Marmolada, infatti, è stato costruito nel 1947 uno dei primi impianti di risalita in Italia).

    Il programma dell’edizione di quest’anno di «Climbing for Climate» è stato suddiviso in due giornate. Sabato 7 settembre la sesta edizione della campagna glaciologica “partecipata”, l’iniziativa di sensibilizzazione sugli esiti della fusione glaciale promossa dal Comitato Glaciologico Italiano e dal Museo di Geografia dell’Università di Padova. Domenica 8 settembre l’evento ufficiale con la sottoscrizione e il lancio del documento “Un’Altra Marmolada”, dedicato alla fruizione futura della Marmolada e delle montagne italiane alla luce delle sfide del cambiamento climatico e della necessaria transizione ecologica.

    I principali risultati delle analisi climatologiche raccolte dall’Intergovernmental Panel on Climate Change rivelano che la regione alpina si trova già in una traiettoria di surriscaldamento rispetto al resto del pianeta. L’incremento di temperatura più forte è per la stagione estiva e per le regioni a sud della dorsale alpina principale; le quote medio-alte potrebbero subire un riscaldamento amplificato. Per quanto riguarda le precipitazioni, si prevede un ulteriore spostamento stagionale delle quantità di precipitazioni, dall’estate all’inverno, sulla maggior parte del dominio. Si prevede inoltre che l’intensità delle precipitazioni giornaliere aumenterà in tutte le stagioni e in tutti i sottodomini, mentre la frequenza dei giorni piovosi diminuirà nella stagione estiva. Il cambiamento di temperatura previsto in estate è correlato negativamente con il cambiamento delle precipitazioni, quindi le regioni con un forte riscaldamento medio stagionale mostreranno tipicamente una diminuzione delle precipitazioni più forte. Per contro, per l’inverno si riscontra una correlazione positiva tra variazione della temperatura e variazione delle precipitazioni. Tra gli altri indicatori, la copertura nevosa è fortemente influenzata dai cambiamenti climatici previsti e resterà soggetta a una diminuzione diffusa, ad eccezione delle zone ad altitudini molto elevate.

    La Marmolada non finisce di fare notizia: secondo le rilevazioni dell’Università di Padova il processo di fusione del ghiacciaio continua ad accelerare segnando nuovi record. Dal 2023 il ghiacciaio è sceso sotto la soglia simbolica dei 100 ettari, meno di un chilometro quadrato (98,7 ha), una superficie più che dimezzata rispetto a 25 anni fa, quando misurava 205 ettari.

    La riduzione media, che nel corso del Novecento è stata di 2,2 ha l’anno, dal 2000 è raddoppiata passando a 4,6 ha l’anno, con una contrazione record tra 2022 e 2023 di oltre 13 ettari, mai registrata in precedenza, anche a causa della frana-valanga del 3 luglio 2022. I rilievi puntuali di abbassamento della superficie glaciale indicano che la vita residua del ghiacciaio è stimata tra i 13 e i 22 anni. Entro il 2040, l’ascesa alla cima sarà caratterizzata quasi esclusivamente dalla sola presenza di roccia nuda. La creazione di una banca dati digitale della Marmolada, in corso di realizzazione in collaborazione con diversi enti, fornirà alla comunità scientifica uno strumento senza precedenti per analizzare il ritiro glaciale e sviluppare modelli avanzati per la valutazione della pericolosità.

    A poco servono le coperture dei teli geotermici, che riescono solo a ritardare la fusione di una lingua di 4 ettari di neve dell’annata, ma ad un prezzo ambientale evidenziato anche dal monitoraggio delle acque di fusione realizzato quest’anno dall’Università di Padova. I teli geotessili a protezione del ghiacciaio sono composti da fibre di polipropilene. Microfibre di poche centinaia di micron, dello stesso materiale, sono state rinvenute da un gruppo di ricerca dell’Università di Padova in campioni di acqua di fusione del ghiacciaio a diretto contatto con il telo geotessile. Per quanto risultati preliminari di un monitoraggio limitato ed esplorativo, risulta ragionevole ipotizzare che questi teli possano avere un ruolo come fonte di inquinamento da microplastiche secondarie.

    Il turismo di massa accentua l’impatto antropico sulle alte quote in prossimità delle zone più frequentate: recenti ricerche scientifiche sulle Dolomiti hanno fatto emergere come anche i rifugi e le infrastrutture sciistiche sono centri di diffusione di inquinanti, in particolare di materiale plastico.

    Di fronte a questo drammatico bilancio, la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile riunita sul ghiacciaio della Marmolada nell’ambito della VI edizione dell’evento annuale Climbing for Climate non si limita a lanciare l’allarme, ma avanza una proposta concreta: un Manifesto per un’altra Marmolada, costretta a ripensarsi oggi dopo essere stata per tutto il Novecento una montagna emblema della contesa politico-militare e della competizione per lo sfruttamento di un “oro bianco” che ormai sta scomparendo.

    Il Manifesto rilancia i contenuti degli appelli già proposti in passato dalla RUS per una visione unitaria e sostenibile dei ghiacciai, e di quelli promossi per la Marmolada da Mountain Wilderness nel 1998, dal MUSE di Trento nel 2007, dal documento Marmolada: per uno sviluppo sostenibile, lanciato nel 2020. Un appello che si rivolge agli amministratori, agli operatori economici, ma anche alle istituzioni universitarie, per fare della Marmolada una montagna-laboratorio dell’adattamento al cambiamento climatico e per una fruizione sostenibile delle alte quote, attraverso una proposta coordinata di fruizione ecomuseale che fa leva sulla eccezionalità della sua storia geologica e glaciologica, dell’epopea alpinistica e turistica, della ricerca scientifica, e infine della sensibilizzazione per la mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

    I proponenti di questo Manifesto reclamano una netta inversione di tendenza, si impegnano ad immaginare un’Altra Marmolada entro il 2030 e a sostenere iniziative in linea con la gravità del momento storico che stiamo vivendo, di cui la Marmolada è per tutti un monito severo. Prestare attenzione al modo in cui gestiamo un’area diventata così fragile ovviamente non basta: la Marmolada è il termometro di una malattia che parte da lontano: non possiamo pensare che il problema sia soltanto locale.

    Climbing for Climate si unisce all’Appello degli scienziati italiani: “Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti.”

    Le Università organizzatrici dell’evento Climbing for Climate 6, il Club Alpino Italiano, Legambiente, Mountain Wilderness e la RUS rivolgono alle istituzioni regionali e nazionali l’appello a adoperarsi affinché il patrimonio venga preservato e arricchito, attraverso la protezione e il riequilibrio delle sue dotazioni finite e dei flussi di risorse rinnovabili.

    Inoltre, per l’Italia, in significativo ritardo nella riduzione concordata delle proprie emissioni climalteranti, si chiede di accelerare l’attuazione prioritaria e rapida di diversi interventi:
    1 – individuare analiticamente e su base integrata e sistematica i rischi per la preservazione del patrimonio e le opportunità e i benefici della sua tutela e valorizzazione, attraverso valutazioni quantitative aggiornate e nella prospettiva degli SDGs 2030;

    2 – adottare più rigorosi meccanismi di pricing delle emissioni, in grado di ridurre drasticamente l’impronta ecologica in tutti i settori-chiave: industria, trasporti, turismo, energia, edifici, agricoltura, acque, suolo, ecc.;

    3 – individuare e implementare rapidamente misure incentivanti più concrete e strumenti finanziari innovativi che il settore pubblico e privato possano impiegare per la protezione, rigenerazione e valorizzazione dell’ecosistema e dei suoi servizi, in chiave sostenibile;

    4 – rivedere il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), allineando i suoi obiettivi almeno con quelli di “Fit for 55” dell’UE e per l’azzeramento delle emissioni nette al 2050, affiancandolo con un piano credibile di attuazione;

    5 – attuare una profonda revisione dei sussidi ambientalmente dannosi, riducendo drasticamente i sussidi diretti e indiretti alle fonti energetiche fossili;

    6 – mobilitare investimenti, sostenere cultura, ricerca, tecnologia e innovazione per la conservazione e valorizzazione del patrimonio locale.